martedì 16 aprile 2013

Il pianto muto della gru


                                                                                                                 14 aprile 2013

Come discernere il pianto della gru
nei cantieri che annaspano la crisi
e derubano ancora squarci
allo stremato verde suburbano
che pure implica tracce
e semi di vita e prospettiva.

Mute impalcature domenicali
nel sole d’aprile, esondano
ferri e sudore di fabbri,
lattonieri e fabbriche, laterizi
pozzolane, argille calcinate,
legni sagomati di carpentieri.

Dove molecola vitale
nell’ondivago inerte vagare
di macchine d’asfalto
si posa a riscuotere affetti
e legittima senso all’esistere?
È l’incessante ciangottìo
dei pulcini di merlo o cardellino
o passero, che ancora invade
ariosa la scena di primavera?

Sento ora nei versi che in presa
diretta si compongono
di amare tutti voi sconosciuti
che mi attorniate, anche voi
anziani alla finestra, ai veroni
nelle inflessioni dialettali
che destano conforto, esseri
senzienti o cose in parvenza
inanimate, e mi commuovo alle lacrime
senza vergogna ma dubitando
di essere per un momento folle o di avere
lambito un momento
di fusione col mondo
che chiamano i buddha nirvana.

Il cantiere a riposo richiama
il vecchio pianto della scavatrice
immortale in poesia germogliato
nella Roma di metà Cinquanta
svicolata dal nostro tempo eppure
inquieta e avida, nel mutamento analoga
alla presente crisi di futuro
che in labirinti di perdizione
infonde ansia da competizione
negli alunni-studenti che ambiscono
dogmatici dieci o trenta e lode
senza passione ignari del piacere
appagante del tempo votato allo studio
che diletta e ci colma la vita
e da solo gratifica l’uomo
senza il peso di esiti al top.
Altri allievi reagiscono al caos
di rovinose afose sfide
rifiutando lo studio e fiutando
nell’ozio picaresche soluzioni
coniugando passivi bagordi
a giustifiche astute, a rinvii
senza lumi di rivalsa vivendo
nel carpe diem, dileggiando
il docente e la scuola
segmenti di stolido ozio.

Come ignorare la banale
barbarie nei baratri di decadenza
dove almeno dai Fiori di Baudelaire
si balocca incredulo il West,
aggravati da inaudite iniquità
da colossali forbici
a segnare il divario tra il ricco
e chi muore di fame o vergogna.

Attivando di nuovo lo sguardo
sul cantiere silente di aprile

ci si chiede chi è che si giova
delle esose dimore che presto
la gru nel suo pianto perduto
nella crisi che sbrana cristiani
si convince straniata a ultimare.

(Enrico Meloni)