domenica 14 marzo 2010

Alberi di democrazia


Non partecipavo a manifestazioni politiche dai tempi del liceo o poco più tardi. Ero (e lo sono ancora) sfiduciato come la maggioranza degli italiani per i motivi che tutti noi conosciamo bene. Perché da dicembre a oggi ne ho fatte tre di seguito? Forse si avverte nell’aria che stiamo vivendo un momento cruciale per la democrazia: fine? inizio? transizione? pericolo?… Penso, ma naturalmente posso sbagliare, che siamo di fronte a un nuovo importante bivio.
Per la cronaca, riguardo alla manifestazione di ieri, il numero di duecentomila comunicato dagli organizzatori è giusto: stavolta la piazza era colma e i partecipanti assiepati inondavano anche gli spazi limitrofi. Perché i portavoce del governo hanno cercato di sminuire il numero dei manifestanti? Addirittura hanno parlato di un decimo… Che cosa temono?...
Fra gli interventi, quello più acclamato è senza dubbio il discorso del leader di un neonato piccolo partito, senza grossi sponsor o appoggi potenti. Forse i cittadini hanno apprezzato il suo talento oratorio a tratti quasi poetico, forse significa che i cittadini si coagulano ed escono fuori dalla sfiducia e dallo sconforto laddove si percepisce una traccia di sincera passione politica.
Secondo me Di Pietro ha esagerato affermando che siamo ad un nuovo 8 settembre ’43, perché all’epoca c’era la guerra, c’erano i nazifascisti in armi e tutto quello che sappiamo. Si tratta tuttavia di una fase delicata: le anomalie sociali, politiche, istituzionali sono state innumerevoli negli ultimi tempi tanto da stordirci o anestetizzarci. La vicenda oggi sulla cresta dell’onda, quella della presentazione delle liste elettorali prende un sapore da repubblica delle banane. Un caso senza precedenti in 65 anni di democrazia, che sta facendo saltare tribune politiche, confronti, dibattiti con i candidati per discutere di problemi reali. Temo che a questo punto una vittoria del centrosinistra nel Lazio non sarebbe riconosciuta dagli avversari: e allora che succederà? Si dovrà tornare alle urne? Ma sulla base di quali regole? Uno stato di diritto non si fonda su regole certe e condivise?...
Per questo caso e per altri centro o mille, si prospetta il rischio di una frana della democrazia, proprio come quelle che vediamo trascinare alla rovina case, palazzine, interi paesi. Frane causate dall’incuria, dal mancato rispetto dei piani regolari, da abusi edilizi, da concessioni illegittime, dalla deforestazione. Per arginare il pericolo credo che oggi ogni cittadino cui sta a cuore lo stato di diritto sia chiamato ad un pacifico, civile impegno per non lasciare spazi vuoti dove potrebbe collocarsi la mala pianta della corruzione, della prepotenza, della criminalità, del disprezzo delle regole, dell’arroganza, del degrado. Penso che in questa fase di transizione non si debba lasciare nulla di intentato perché il cambiamento si indirizzi nel sentiero giusto, senza scossoni insostenibili o pericolose frane, per evitare le quali siamo tutti coinvolti ad avviare un processo di rimboschimento dove ognuno pianterà a suo modo e secondo le sue possibilità, energie il proprio albero di democrazia.

2 commenti:

maria antonella galanti ha detto...

Mi piace l'immagine del piantare, ciascuno di noi, il proprio albero di democrazia, ognuno secondo le proprie energie, la propria forza, la propria indole, la propria storia, l'dentità che si sente di assumere in un dato momento della vita. Non esiste un solo modo di combattere l'ingiustizia e la sopraffazione o di lottare per affermare gli ideali nei quali si crede. E' importante, invece, ritessere una trama lacerata mettendo da parte divisioni di principio o affermazioni del proprio specifico punto di vista tese a frammentare ancora di più il popolo - perchè esiste ancora - delle persone oneste, generose, capaci di sentimenti di solidarietà e di giustizia. E' questo che vorrei dire con forza ai partiti dell'opposizione, pur dallai psizione di non militante in nesusno di essi. I partito possono svolgere una funzione importante, ma ndevono guardarsi dla pericolo dell'autoriproduzione di sé, della conservazione del rpoprio ruolo particolare come ob iettivo primo del proprio agire.
E inoltre: non vorrei essere troppo ottimista, ma mi sembra che qualcosa, sotto la cenere, si stia muovendo. Guardo al passato, anche a quello di pochi anni fa: i movimenti che hanno dato uno scossone più o meno grande alla storia non hanno espresso segni evidenti di sé, anche se ovviamente sono stati sempre frutto di trasformazioni nel tempo, ma si sono palesati, almeno apparentemente, come fenomeni improvvisi...I puntolini di sospensione sono un invito a regalarci un po' di speranza per il futuro!

luca mori ha detto...

Ci vorrà molto tempo per capire come in Italia, in un modo che è stato ed è unico al mondo, la democrazia è lentamente marcita dall'interno. Piace anche a me l'immagine del piantare, magari come l'agricoltore di cui scriveva Seneca, sapendo che degli alberi godranno le generazioni future e non le nostre. Trovo anch'io motivazioni per sperare. Però continuo a pensare al fatto che la nostra democrazia non sembra avere gli anticorpi "istituzionali" per difendersi da spinte profondamente antidemocratiche nate al suo interno: politici che chiamano ad azioni violente contro gli stranieri o che li dipingono per scopi elettorali secondo stereotipi stupidi e pericolosi, reclutamento della classe politica dal mondo dello spettacolo, disprezzo per i "limiti" necessari alla vita democratica (tra poteri dello Stato, rispetto ai "limiti" stabiliti dalla Costituzione), assorbimento del legislativo nell'esecutivo (decreti ad personam, uso del voto di fiducia), uso personale della legislazione e personalizzazione della politica (in quale Paese si può immaginare un partito che inventa una canzone come "Meno male che Silvio c'è?"... ve lo immaginate: "Meno male che la Merkel c'è?", o "Meno male che Sarkozy c'è?"), coltivazione del servilismo nel servizio pubblico, ripetizione di storie ridicole che in qualunque altro Paese farebbero cascare valanghe di sdegno e risate su chi le dice (penso a chi dice di aver divorziato perché la moglie è stata suggestionata dai Comunisti e di aver avuto difficoltà con la presentazione delle liste nel Lazio per colpa di magistrati e stalinisti)... ECCO, uno straordinario limite della nostra democrazia è la mancanza di anticorpi contro l'INDECENZA. Altri Paesi hanno, come anticorpi, una qualità più alta del dibattito pubblico e del rispetto delle regole... una maggiore sensibilità alla partecipazione politica e forse opposizioni più capaci di dare segnali di vera ALTERNATIVA e capaci, quando sono al governo, di porre limiti a quello che altrimenti tende a distruggere le condizioni della vita democratica... Molte cose che potevano essere fatte in passato, a livello legislativo, non sono state fatte. Piantiamo i nostri alberi di democrazia e lavoriamo per un'opposizione capace di spazzare via con una legislazione adeguata tutto ciò che è indecente.
Cioè: piantiamo alberi, sperando che si sostituiscano all'erba grama che è così diffusa...