domenica 10 febbraio 2008

Una piccola scheggia?

Alcuni giorni fa è accaduto qualcosa che non avevo previsto, che fino qualche tempo prima non avrei immaginato.
A causa di progetto scolastico sulla pace, ho dovuto scegliere alcuni testi che trattano questo tema. Fra varie poesie ho proposto anche una canzone: “La guerra di Piero”. Un’alunna che partecipa con assiduità ha portato il suo lettore mp3, che conteneva la canzone di De André, con due piccole casse che sostituivano le cuffiette consentendo a tutti di ascoltare le note e le parole.
Mi sono commosso, mentre le note andavano, anche se facevo “il vago”, senza darlo a vedere. Sfogliavo un libro e guardavo gli alunni che ascoltavano
Mi hanno chiesto di sentirla ancora. Ho detto: va bene. E li ho invitati ad appuntare su un foglio le emozioni trasmesse dalla canzone. Emozioni. Molti di loro scrivevano davvero. Caro Faber, sei ancora tra noi.
Questi ragazzini di prima media, che pensano sempre all’apocalisse, ad una catastrofe decisiva che cancellerà la razza umana, e forse anche la Terra… Io non mi soffermavo mica su questi pensieri alla loro età. Può darsi che a seguito di un film, di una lettura, una suggestione, mi sia posto il problema, ma la mia non era un’idea costante. Mi chiedono quando ci sarà la fine del mondo. Come se qualcuno potesse dare una risposta in grado di placare le loro ansie.


Prima del suono della campanella, per il “laboratorio di poesia” (un altro progetto… nella scuola di oggidì si fa un gran progettare…) ho fatto in tempo a leggere due strofe di una filastrocca rap che avevo scritto ispirato dalla vita scolastica, quando ho insegnato in un istituto professionale alcuni anni fa.
I ragazzi hanno ascoltato con attenzione entrambe le proposte, c’è stato un silenzio intenso e fecondo che abbracciava l’aula. Non è consuetudine il silenzio in quella classe. Parlano in continuazione. Per avere la parola anche per pochi minuti, mi fanno sudare.Tornando a casa, mi sono reso conto che forse, senza volerlo, avevo prodotto una piccola scheggia postuma: probabilmente la reminiscenza di quel paio di strofe resterà depositato, almeno per i prossimi 80 anni, fra i neuroni di qualche consimile che di sicuro mi sopravviverà.






Perché un blog?

Perché «schegge postume»?

In fondo nella scrittura si cerca anche di superare la nostra finitezza di esseri umani, dialogando potenzialmente con le generazioni future quando noi saremo altrove. Inoltre i messaggi che lanceremo nella rete potrebbero non essere in sintonia con le tendenze dominanti del nostro tempo; tuttavia, essendo entrati in circolo, nulla vieta che potrebbero essere rispolverati e (magari) apprezzati in futuro (insomma postumi).

Forse sarà anche un modo per esorcizzare la paura della morte o per superare un'ansia generica, prendendo le distanze da tutto e da tutti, dalla vita terrena in senso lato. Forse questa condizione ci permetterà di sperare di poter essere noi stessi, senza maschere ed eccessivi pudori.


Chi partecipa al blog?

Avrei in mente di avviare un blog "aperto" agli interventi "intelligenti" e pertinenti potenzialmente di chiunque, naturalmente nel rispetto della legge e del galateo. Purtroppo sarò costretto a rivestire anche i panni del censore in caso di necessità.
Probabilmente, nei fatti, ci sarà una divisione, fra "autori" (che riceveranno un invito) e "commentatori" (chiunque voglia dire la sua su un post), anche se immagino capiterà che questi due ruoli possano sovrapporsi.


Chi partecipa al blog dovrà scrivere ogni giorno?

Non è necessario scrivere quotidianamente e neppure settimanalmente o a cadenza mensile. Quel che conta è scrivere testi (meglio se concisi) quando ne sentiamo la necessità. L’idea di un blog lento non mi dispiace affatto. ciò non vieta naturalmente che, se le condizioni lo richiederanno, potremo scrivere anche una dozzina di post al dì.