giovedì 23 aprile 2009

Professione blogger



Anche per stimolarci a scrivere in una fase in cui il blog non brulica di nuovi post, inserisco da buon “ricopione” alcune parti di un articolo pubblicato su La Repubblica di ieri da Alberto Flores d'Arcais, che, a dirla tutta lo ha, per sua stessa ammissione, a sua volta ricopiato (parafrasandolo) dal Wall Street Journal. Perciò tutte le parti virgolettate che leggerete sono tratte dal suddetto quotidiano internazionale.


NEW YORK - Che negli ultimi due-tre anni ci fosse stato il boom era risaputo, ma che in America la categoria di chi si guadagna da vivere "postando" online fosse più numerosa dei programmatori di computer, dei pompieri o dei baristi (tanto per citare molto diversi tra loro) e alla pari con gli avvocati - anche se questi ultimi guadagnano sicuramente di più - nessuno lo immaginava. […] Tra gli oltre 20 milioni di blogger presi in esame in America (tutti quelli che lo fanno per passione, per informare, per gioco o per qualsiasi altro motivo) ce ne sono 1,7 milioni che ci guadagnano sopra. E per 452mila di costoro quei soldi sono la prima fonte di stipendio. […]
Se i giornalisti erano "il quarto potere, i blogger stanno diventando il quinto".
Un'attività iniziata come "forum di discussione" sulla politica e le nuove tecnologie si è allargata rapidamente a tutti i campi immaginabili della vita, "dalla maternità alla sanità, dalle arti alla moda, fino alla odontoiatria". Quello che era iniziato "come un hobby o uno sbocco per volontari" sta diventando un "big business" per i nuovi siti emergenti, per le società che da questi vengono giudicate e per tutti coloro che lavorano "in questa nuova industria".
[…]
Secondo i calcoli del Wall Street Journal con centomila visitatori unici al mese un sito può guadagnare 75mila dollari all'anno. Per un buon "post" i blogger possono prendere da 75 a 200 dollari, qualcuno può fare addirittura lo 'spokeblogger', pagato dai pubblicitari per "bloggare" un prodotto. […]
Mentre il numero dei blogger cresce, il numero dei professionisti dell'informazione tradizionale diminuisce significativamente. Solo a Washington - la città più "blogged" d'America e forse del mondo - rispetto a pochi anni fa è diminuito del 79 per cento il numero dei giornalisti che lavorano nei tradizionali giornali di carta. Del resto i siti online al top della graduatoria già oggi hanno introiti considerevoli e a un certo punto "non ci sono dubbi che l'Huffington Post varrà più del Washington Post".

martedì 14 aprile 2009

L'unione e la forza



Questa mattina una bella discussione sui risvolti dell'etologia mi ha fatto venire un mente un video, che qualche tempo fa ha avuto molta fortuna in rete e che sono riuscito a ritrovare con una certa difficoltà. Si tratta di un caso "insolito" per chi è abituato ai documentari che vanno per la maggiore, dove il più forte inesorabilmente vince e le prede inevitabilmente fuggono o soccombono.

Il video racconta un'altra storia: qui una mandria di bufali torna sui propri passi per liberare un piccolo da un gruppo di leonesse sul punto di ucciderlo. Non è un caso unico: documentari come quelli di "Discovery Channel" ne raccontano di simili.



Perché il caso ci appare così insolito? Perché viene mostrato meno in televisione o perché effettivamente è più raro? E, nel secondo caso, perché effettivamente è più raro? E perché esistono simili "eccezioni"?

domenica 5 aprile 2009

Stabat Mater


Pur non essendo credente, amo le composizioni di musica sacra. E, qualche sera fa, ho avuto modo di ascoltare, nella calda atmosfera della Chiesa dei Cavalieri a Pisa, un’esecuzione magistrale dello Stabat Mater di Pergolesi.
Suoni antichi e già moderni, di una bellezza senza tempo, dolenti, lontani dal frastuono di quella musica commerciale che si consuma (e ci consuma) sempre più rapidamente, suicidandosi senza lasciare memoria perché altra musica, dalla vita altrettanto breve, ne prenda il posto.

Parole antiche, “stabat mater dolorosa, iuxta crucem lacrimosa, dum pendebat filium”, e quanto mai attuali, “la madre, addolorata, stava in lacrime presso la croce, dalla quale pendeva il figlio”, potente metafora del dolore umano, rappresentazione del pianto di tutte le madri per un figlio ucciso dal potere, dalla guerra, dalla malattia, dalla fame, dall’odio.

L’ascolto di un brano come lo Stabat Mater non si limita a un istante di puro divertimento, ma diventa occasione per riflettere, tentare di comprendere, essere migliori (forse) e, certamente, per crescere. Questo, credo, dovrebbe essere il senso della cultura, di tutta la cultura.

Nel libro della Genesi si racconta che Abramo supplicò Jahvè, che aveva ormai deciso di distruggere Sodoma, di risparmiare la città se in essa vi si fossero trovati almeno dieci uomini giusti. Finché si troveranno in Italia dieci persone disposte davvero ad apprezzare una cultura non effimera e non di puro consumo, esiste ancora una debole speranza che il nostro paese possa sopravvivere alla distruzione in corso.