mercoledì 21 ottobre 2009

La poesia per opporre resistenza



E’ la poesia di un’amica che vive e lavora in Italia, in un’altra città, dopo aver attraversato in passato gli orrori di una dittatura, del carcere e della tortura. Le parole che accompagnano il filmato a lei dedicato, tradotte, suonano così:

“Immagini musicali della memoria.

Parrole che cercano, che ricordano con nostalgia la propria terra e la propria gente.

Anna Milazzo vive attualmente in Italia. Dalla sua infanzia è vissuta in Uruguay, fino alla dittatura che cercò di esiliarla nel silenzio. Non ce l'hanno fatta: con voce di madre continua a parlare alla nostra gente.

Inserisco il testo della poesia e una traduzione che ho chiesto ad Anna stessa, ma che, come lei afferma, non rende del tutto la poesia e il suo ritmo.

20 de Julio

El dia llegaba anunciando una esperanza

Mi vientre, manatial fertìl y lujuriante

Acogia una vida que era mi misma vida

Fruto maduro de un amor policromo

Amasado con el sueno de una triste milonga

Con el llanto de un tango lànguido y ausente

Y con los vibrantes cantares del idioma de Dante

Llegaste no ya quando debìas sino quando quisiste

Tu llanto traìa la alegria y la luminosidad del verano

Tu, pajarito implume, anunciaste la risa y el llanto

Ojos de azabache, piel de aceituna, cabellos gitanos

Tu madre, extranjera y perdida en tierra lejana

Se volviò una loba olfateando tu olor y lamiendo tu piel

Te cuidò como pudo, animal herido

Lejana su tierra y perdido su nido

Costruyò para ti un cerco de amor y de miedo

Te volviste hombre, àrbol de roble con corazòn de miel

Ostinado viandante, caminas sin prisa abriendo senderos

Encontrando viajeros que trabajan, piensan y suenan

A ti solo te importa saber si es buena gente


20 Luglio

Il giorno arrivava annunciando una speranza/il mio ventre, fontana fertile e rigogliosa,accoglieva una vita che era la stessa mia vita./Frutto maturo di un amore policromo,/impastato con il sogno di una triste milonga,/con il pianto di un tango languido e assente/e coi vibranti canti della lingua di Dante/Arrivasti non quando dovevi ma quando hai voluto./Il tuo pianto portava l’allegria e la luminosità dell’estate/Tu, uccellino implume annunciasti il riso e il pianto,/occhi di azabache, pelle di oliva, capelli gitani./Tua madre, straniera e perduta in terra lontana./Diventò una lupa annusando il tuo odore e leccando la tua pelle/Ti accudì come potette, animale ferito./Lontana la sua terra e perduto il suo nido/costruì per te un cerchio di amore e paura./Diventasti uomo, albero di rovere con cuore di miele/Ostinato viandante, cammini senza furia aprendo sentieri/incontrando viaggiatori che lavorano, pensano e sognano/a te solo importano i paesaggi del cuore della brava gente.

Anna Milazzo


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sabato 17 ottobre 2009

Bastardi senza gloria: un film formativo



Tarantino è uno dei più interessanti registi di questi anni e non ci si stupisce se il suo ultimo film, al pari dei precedenti, si segue tutto d’un fiato e se ne resta ammaliati. Di “Bastardi senza gloria” ho apprezzato prima di tutto la critica implicita al cinema di genere che ripete se stesso e rende impossibile proporre un argomento già rivisitato in un registro diverso dai consueti. Il registro, qui, è dato da un intreccio di inventiva e creatività che rende inusitati il ritmo, la narrazione, la stessa colonna sonora. Il film è una parodia, ma del tutto particolare quanto agli affetti che suscita, perché paradossalmente emoziona e commuove. Il film è infatti denso di citazioni da altri film (non solo del genere epico-bellico) che permettono, a chi ama il cinema, di ripercorrere nell’intensità di un attimo la propria biografia di spettatore, di persona che porta dentro di sé, quasi come voci interne, frammenti di film, cioè di immagini, suoni e parole che danzano insieme.
Di questo film apprezzo il coraggio: di affrontare un argomento soffocato da una cattiva retorica che rende la storia metafora morta, esperienza inservibile per trasformare l’esistente. Vi si mostrano, com’è giusto, la condizione dell’esser vittime e quella del dominio e della sopraffazione tracciando una ben netta linea di confine. Lo si fa, però, senza utilizzare i consueti, scontati registri dell’idealizzazione che si accompagna non di rado alla censura degli elementi di criticità o di ambivalenza presenti sia nei territori del “bene” che in quelli del “male”.
Tarantino riesce a servirsi della coloritura del grottesco e dell’assurdo, del registro comico e di quello drammatico intrecciati insieme, in una prospettiva paradossale, ma che proprio per questo appare capace di incrinare il modo routinario con il quale si rende onore alle vittime della storia. Un modo che ribadisce una radicale distanza tra l’oggi e gli orrori di ieri; esattamente come il gesto dell’elemosina non crea coinvolgimento rispetto a chi è in condizione di bisogno, ma ridefinisce e rende stabile la propria radicale distanza di persona privilegiata.
Mi occupo di studiare i processi formativi ed educativi (che non riguardano solo i bambini, ma tutti gli esseri umani) e rispetto ad essi considero come ostacoli la censura, lo stereotipo, il pregiudizio, le visioni di carattere trasmissivo. La tendenza generale è quella di censurare, semplificare, fare propri giudizi di valore scontati e teorizzare la doppia verità: una verità complessa, per chi può capire, e una ridotta a favola semplificata, per i più: quelli che magari non hanno studiato e che per varie ragioni non sarebbero in grado di comprendere.
Corriamo il rischio di costruire territori di osservazione del mondo perfettamente speculari gli uni rispetto agli altri, senza preoccuparci della nostra incapacità di vedere le contraddizioni che ci riguardano. Abbiamo ben chiare solo le nostre ragioni: se questo è indispensabile per scegliere, decidere e agire, non è, però, sufficiente per pensare criticamente e dunque per essere, per quanto possibile, consapevoli delle proprie scelte.

Il bullismo come stile politico-mediatico?

Ricordate le scuole medie? C’era sempre qualcuno che diventava bersaglio delle prese in giro, per il suo aspetto fisico, per il modo di vestirsi o per i suoi atteggiamenti. E c’era sempre un gruppo di bulletti, con un leader e i suoi scagnozzi. Battute come “sei più largo che alto”, o “sei più bello che intelligente”, erano solo l’inizio.
Il caso del giudice Mesiano, quello che nel Lodo Mondadori ha dato torto a Fininvest, fa riflettere ed è un unicum. “Ne sentirete delle belle, sul suo conto”, ha detto qualcuno. E infatti, le telecamere di Mediaset inseguono il giudice mentre cammina per la strada, come i bulletti che facevano i dispetti alle medie con le loro “vittime”.
Da Mediaset a Medie-set, potremmo dire.
La giornalista commenta tutto, in questo servizio “esclusivo”: è una stravaganza il fatto che, aspettando il barbiere, il giudice «fuma» e «non riesce a stare fermo». Continua: «guardatelo seduto su una panchina»… «ha il mocassino bianco e il calzino turchese»… Persino Antonio Ricci, l’ideatore di “Striscia la notizia”, dice sul Corriere.it che il video è demenziale, che ci vuole uno psichiatra per capire l’intenzione. «No alle bacchettate» è stata la reazione del direttore delle News di Mediaset. Anche questo ci riporta alle scuole medie: quando il bulletto offeso rifiuta le bacchettate dalla professoressa, sicuro che i “genitori” lo difenderanno.