domenica 23 maggio 2010

Ironia, realtà, tasse e balzelli: gli inganni della comunicazione


Nel 1729 il grande scrittore Jonathan Swift scrisse, com’è noto, un opuscolo provocatorio e pungente intitolato “Una modesta proposta: per evitare che i figli degli Irlandesi poveri siano un peso per i loro genitori o per il Paese, e per renderli un beneficio per la comunità: quella di ingrassare i bambini degli irlandesi poveri per nutrire i ricchi proprietari terrieri”. I vantaggi di tale proposta sarebbero stati molteplici: una piccola rendita per i genitori dei bambini denutriti, fatti ingrassare e venduti a partire dall’età di un anno, il miglioramento dell’alimentazione dei ricchi e l’eliminazione in un sol colpo di sovraffollamento, disoccupazione e fame. Senza contare i vantaggi etico-morali: un incoraggiamento al matrimonio, l’aumento della cura delle madri per i bambini, un’onesta competizione fra le donne sposate nel portare al mercato il bambino più grasso e una maggiore considerazione da parte dei mariti nei confronti delle mogli in gravidanza alle quali sarebbero stati affezionati come alla cavalla o alla mucca o alla scrofa in procinto di figliare e che avrebbero trattate con riguardo, invece di minacciarle con pugni e calci, per paura di provocare un aborto. La lettura risulta ancora molto divertente - per quanto amara - con le statistiche improbabili e i suggerimenti grotteschi: per esempio sui possibili prezzi, ma anche sui modi di cucinare i bambini poveri, rosolando o stufando i più piccoli, più buoni e più nutrienti. Ci fu, tuttavia, all'epoca, anche chi non capì il carattere satirico della provocazione e questo fatto, naturalmente, ci genera una certa inquietudine nel riflettere sulla natura umana; ma sappiamo che si trattò di alcuni pochi... Mi sembra che oggi, invece, in questo paese, risulti sempre più difficile per la maggior parte delle persone distinguere tra realtà e simulazione ironica o satirica. Un paio di sere fa, mangiando in fretta perché in ritardo, ma con l’orecchio direzionato, sia pure distrattamente, verso il telegiornale, sono stata colpita dal tono spensierato, lieve e leggero, caratterizzato da una prosodia tutta ascendente e giuliva, con il quale il giornalista elencava gli imminenti tagli (pensioni, sanità, invalidi...). L’incongruenza tra la drammaticità di ciò che comunicava e il tono utilizzato per farlo mi ha fatto pensare, per una manciata di secondi (ascoltavo distrattamente, l’ho premesso), che potesse trattarsi di uno scherzo, di una parodia di telegiornale nell’ambito di qualche trasmissione di intrattenimento. Sono poi uscita, ma di tanto in tanto mi tornava alla mente l’episodio e continuavo a pensare a come avessi potuto scambiare un vero telegiornale con una caricatura satirica. La spiegazione risiede probabilmente nel fatto che la realtà sta rapidamente sovrapponendosi a ogni più inimmaginabile fantasia relativa alla catastrofe etica e culturale (oltre che, naturalmente, socio-economica e politica) della quale siamo vittime. La maggior parte delle persone che hanno ascoltato quel telegiornale, disabituate al dubbio e all’approfondimento critico, ingannate dalla suadente e rassicurante, per quanto incongrua, prosodia dell’annuncio, saranno cadute in un errore interpretativo ben più tragico del mio. Avranno inteso che per fortuna, attraverso quei tagli, si risolverà tutto quanto e che dunque ci sarebbe da festeggiare piuttosto che da preoccuparsi. Tanto più che anche i parlamentari saranno soggetti a misure analoghe, come annunciava la solita voce spensierata e ancor più leggera. Lo stupore di fronte a questo annuncio ha avuto, nel mio caso, la durata di un battito di ciglia: figurarsi, si tratta solo del 5 per cento dei loro stipendi!
La voce giuliva del giornalista lo è diventata ancora di più nel proseguire con la promessa paternalista e populista di non far pagare ulteriori tasse agli italiani! Come se tutti pagassero le tasse! Come se le tasse fossero proporzionalmente distribuite! Questo fomentare l’odio per le tasse è quanto di più amorale si possa concepire in tempi difficili, dato che le tasse (quelle dirette ed equamente modulate in relazione al reddito, naturalmente) rappresentano il segno tangibile del sentirsi parte di una comunità e del mostrarlo anche con un contributo economico (proporzionato alle proprie condizioni) atto a rendere alto il livello etico e politico di tale comunità stessa permettendole di farsi carico dei propri membri più fragili e indifesi. il senso della comunità e la capacità di essere solidali è quanto di più prezioso possa definire un'identità.

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