venerdì 11 settembre 2009

La chimera del dialogo interreligioso

Mi è capitato qualche anno fa di seguire alcuni progetti sul conflitto interreligioso, lavorando con cattolici, protestanti, ebrei, musulmani, buddhisti e induisti di varia ispirazione. Tutti concordavano sul fatto che un vero dialogo è possibile soltanto nel riconoscimento della "pari dignità" e tutti, in effetti, a parole se la riconoscevano. Molti, in modo più o meno esplicito, ammettevano che gli incontri interreligiosi solenni sono carichi di formalità più che di sostanza.

Il mio personale pregiudizio era questo: una religione che aspiri all'universalità e che contempli l'idea della conversione come missione non può strutturalmente ritenere che le altre religioni abbiano pari dignità, se non per finzione e in senso altamente metaforico. Ora il documento del prefetto della Congregazione vaticana per l'educazione cattolica, una lettera inviata ai presidenti delle conferenze episcopali, mi conferma in questo pregiudizio: si dice esplicitamente che l'insegnamento nelle scuole non dovrebbe essere «limitato ad un' esposizione delle diverse religioni, in modo comparativo o neutro», ma dovrebbe insistere sulla religione cattolica. Altrimenti, il rischio sarebbe quello di disorientare e indurre al relativismo.

Eppure ho sentito molti sacerdoti cattolici dichiarare che l'ora di religione andrebbe trasformata in senso pluralista e nella prospettiva di una storia delle religioni. Mi chiedo se all'interno della Chiesa si leveranno voci di reazione a quella direttiva. Dal Governo stanno già arrivando plausi e adesioni, seconda una logica prevedibile di armistizio compiacente. Ma la storia delle religioni è pericolosa. Come la filosofia: ricordo il mio professore di filosofia al Liceo, un sacerdote molto preparato, che mi metteva in guardia dallo studiare filosofia a un Università diversa dalla Cattolica, perché altrimenti avrei potuto correre dei rischi di sviamento...

2 commenti:

bruno sales ha detto...

Credo che, nell'esplicitare il proprio 'pregiudizio', Luca abbia centrato la natura paradossale della teologia, cioè del ragionamento su un'entità, Dio, che di per sé resta al di là di ogni ragionamento.
Da qui nascono forse l'illusione e dunque l'ambiguità di ogni dialogo interreligioso (ma anche del dialogo tra religione e laicismo), che non può mutare alcun elemento specifico di una fede, ma solo individuare tratti comuni alle diverse fedi. E' già molto, a mio avviso, se si riescono a costruire degli spazi di ascolto dell'altro e se si ottiene almeno il rispetto delle differenti posizioni.
Utilizzare la scuola come serbatoio di proseliti attraverso una propaganda diretta mi sembra, invece, una mossa sleale e anche assai poco dignitosa.
Più che i discorsi sapientemente costruiti, sono i comportamenti quotidiani nel pubblico e nel privato quelli che mostrano agli altri la sincerità o meno delle mie convinzioni, che io sia un insegnante, o un genitore, o un sacerdote, o un politico.

carlo santulli ha detto...

Ecco, questo accade in un momento, e lo dico da cattolico, in cui uno studio rigoroso, anche se ovviamente al livello dei ragazzi, delle convergenze e differenze tra le varie tradizioni monoteistiche e non, compresi ovviamente i valori laici, potrebbe portare ad un' "educazione alla multiculturalità", di cui mi sembra abbiamo urgente bisogno. Perché credo che la convivenza civile si possa apprendere e sviluppare, specie dove manca il necessario supporto a certi comportamenti da parte della famiglia, o almeno che la scuola deve poter dire la sua in questo.
Più in generale, al di là del discorso dell'insegnamento della religione, mi sembra che in questo momento a forza di insistere sul fatto che i giovani vengano formati da TV, multimedialità, ecc., si pone in secondo piano l'apporto della formazione scolastica. E questo porta secondo me risulta nella marginalizzazione dell'istruzione a livello di risorse investite e di risultati attesi.