martedì 16 febbraio 2010

Sciacalli

Nei giorni del terremoto che ha colpito L’Aquila c’è stato un gran movimento mediatico dall’alto, per dimostrare efficienza nei soccorsi e nella ricostruzione, nonché umana solidarietà che si è espressa fino alle lacrime. Poiché un sisma in quanto evento naturale non è imputabile a nessuno, con un po’ di fantasia si è cercato di creare un capro espiatorio, forse anche per allontanare le vere responsabilità di costruttori senza scrupoli, di ieri, di oggi e di domani. Si è detto che era in agguato l’immorale ed empia minaccia dello ‘sciacallaggio’ e sono stati presi dei provvedimenti ad hoc per colpire senza pietà chi si fosse macchiato di questo reato. In realtà è dal terremoto di Messina (1908) che in Italia non si registrano episodi diffusi di sciacallaggio. Per quanto mi ricordo, in Abruzzo sono stati arrestati soltanto dei Romeni nei pressi di Onna, processati per direttissima e poi assolti da questa accusa infamante perché risultati non colpevoli.
Oggi dopo le registrazioni telefoniche, dopo lo scandaloso compiacimento di individui senza scrupoli, dopo le risate di chi ha visto nel terremoto un business su cui lucrare, mentre le abitazioni crollavano, cittadini onesti e dignitosi morivano, o restavano feriti, annichiliti dall’angoscia, senza casa, senza persone care, senza più i luoghi del loro quotidiano, delle loro radici, oggi forse abbiamo le idee più chiare su chi fossero gli sciacalli.
Questo riguardo all’umana solidarietà e le lacrime. Per quanto attiene invece all’efficienza e alla ricostruzione, la risposta ce l’hanno data domenica i cittadini dell’Aquila che in una pacifica manifestazione hanno varcato la “zona rossa”, sono cioè entrati nel centro storico della città ancora invaso dalle macerie prodotte dal sisma di un anno fa, esibendo cartelli sui cui si legge: “Riprendiamoci la città” e “Noi non ridevamo”.

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