domenica 11 luglio 2010

Il Samaritano oggi

Io sono cattolico: è un senso di appartenenza in cui mi ritrovo, insomma, anche se alle volte la vorrei un po' meglio di com'è, è casa mia.
Ciò non toglie che alle volte accolga certe dichiarazioni della Chiesa, o di alcuni suoi esponenti, con un certo imbarazzo: non è il fatto, rabbioso e irrazionale, di non condividere, è che mi spiazzano abbastanza (alle volte dico, umoristicamente, ma non tanto, che devono avere un'altra edizione della Bibbia...ma temo non sia così: è soltanto che interpretano certe affermazioni in modo differente).
Poi succede, come oggi, che nelle chiese si legge la parabola del Buon Samaritano, come narrata dall'evangelista Luca ed allora vedo che posso dare un significato al senso di appartenenza di cui sopra: mi sento a mio agio (non perché io riesca a fare sempre come il samaritano), ma perché vedo che è una proposta che porterebbe a quello che ingenuamente, ma non astrattamente, potremmo definire un mondo migliore.
Il Samaritano chi è? E' uno straniero, uno super partes insomma, che trova un poveraccio lasciato mezzo morto dai briganti, non un parente o un amico certamente, e si occupa in prima persona, senza badare a spese del suo Pronto Soccorso, trasferendolo poi, sempre a sue spese, in una struttura più idonea (potremmo dire allo stato dell'arte), dove vuole che si ristabilisca (costi quel che costi).
Quindi diciamo che il primo aspetto di sconvolgente modernità (perché son cose di cui ancora oggi si discute, anche se non in parabole) che la cura del malato e la sua guarigione sono un bene in sé, non c'è discorso di dare-avere che tenga: si deve fare tutto il possibile.
Il secondo aspetto è che il Samaritano non è un moralista: non si sofferma sul fatto che il tale potrebbe essersela cercata (come direbbero i tipici commentatori intervistati dal TG serale, non so se avete presente), recandosi in zona frequentata dai briganti. L'unica cosa di cui si preoccupa è che sta male e che è suo diritto star bene come gli altri, quanto lui per esempio. Anche questo è molto d'attualità: si è letto spesso di recente che c'è chi propone di rifiutare il Pronto Soccorso o il ricovero gratuito a chi non è in regola con qualche cosa (siano le carte di immigrazione, il tasso alcoolico o la condizione sociale). Il Samaritano non sarebbe stato d'accordo (potremmo anzi dire che non avrebbe capito proprio il ragionamento).
C'è poi un terzo e conclusivo aspetto che racchiude i primi due: l'assistenza del Samaritano è del tutto indipendente da qualunque considerazione di qualunque tipo sull'assistito (la parabola non dà nessun dettaglio sociale o culturale sull'uomo ferito dai briganti). Ci sei, hai un problema e devi essere curato al meglio, questa è la sua logica: al limite, non mi interessa nemmeno il tuo nome e la tua condizione, se non vuoi rivelarmelo per tuoi motivi, su cui non discuto. Però, attenzione: non è la privacy di cui si parla adesso, quella del decreto anti-intercettazioni, è rispetto per il malato, non copertura per il malfattore. La parabola, letta in senso moderno, vuol dire: io sono un medico che curo, non un giudice che condanna, sono due ruoli diversi e che tali devono restare. Il medico che si erge a giudice o che si confonde con esso è il simbolo di una società arretrata, in cui la parità di opportunità è vista con diffidenza se non con spavento. Io spero che non ricadremo in quest'errore: non possiamo permettercelo.

4 commenti:

enrico meloni ha detto...

Purtroppo temo che molti di noi esiterebbero a soccorrere in prima persona e a proprie spese un extracomunitario o un barbone ridotto a mal partito, non fosse altro che per il timore di rimanere invischiati nella burocrazia giudiziaria o magari di rimanere contagiati da qualche oscura malattia. Ma al tempo del buon samaritano non esisteva una stato sociale, un sistema sanitario nazionale, che solleva il singolo cittadino dall’agire in prima persona per soccorrere un malcapitato: per fortuna ai nostri giorni è sufficiente limitarsi a chiamare un’ambulanza. Ma quello che oggi si mette in dubbio è proprio il concetto di stato sociale: cosa accadrà al poveraccio lasciato a terra mezzo morto senza più una sanità pubblica e in presenza di una dilagante “morte del prossimo” (vedasi il saggio di Luigi Zoja)?
E’ consolante pensare che esiste una diffusa “resistenza” trasversale che va dal mondo cattolico ad Emergency, che oggi rappresenta una cultura minoritaria (magari non per numero ma certo per forza mediatica) ma che domani potrebbe riaffermare e tradurre in leggi i propri valori di solidarietà, come accadeva non moltissimi anni addietro.

carlo santulli ha detto...

Ecco, questo è proprio il senso della mia riflessione. Siamo fortunati ad avere un servizio sanitario nazionale ed in generale un sistema di assistenza che cura, senza inserire pregiudizi e filtri.
Si potrà poi discutere della qualità di tale servizio, che può essere forse migliorata, ma tendere all'ideale del samaritano e tendere invece ad una visione puramente economicistica della cura e dell'assistenza, per cui si fa ciò solo che "conviene" sono per me, da cattolico (almeno come intendo io quest'appartenenza) due metodi che si contrappongono, tra i quali francamente non è possibile, secondo me, compromesso.
O c'è accoglienza nel servizio o non c'è, l'accoglienza condizionata è un ossimoro, secondo me.

bruno sales ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
bruno sales ha detto...

Da una prospettiva assolutamente laica, ma non per questo ancorata a valori meno 'forti' rispetto a quelli di un credente, mi trovo in piena sintonia con il pensiero di Carlo.
In generale tutti gli elementi fondamentali del nostro vivere e sopravvivere, la sanità, la scuola, il lavoro, la cultura, ma anche la costruzione di case, la crescita delle città, l'utilizzo degli spazi paesaggistici, non possono essere sganciati dalla presenza di una salda componente etica, pena la completa disumanizzazione dei rapporti e l'asservimento alla legge del più rapace.
Porre unicamente la convenienza e il guadagno alla base di ogni relazione con l'altro è un espediente di comodo per giustificare la propria rapacità: quando poi se ne maschera la portata ideologica, imponendo questa visione come 'scienza economica' e ponendo a tacere ogni voce contraria, il gioco è fatto.
Giova ricordare il testo straordinariamente attuale dell'art. 2 della Costituzione Italiana: "La Repubblica [...] richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale."
Parole chiare, nette, poderose: la solidarietà è un dovere 'inderogabile', per ogni cittadino italiano.
Compresi quei cittadini che oggi ci governano.