mercoledì 25 novembre 2009

Operai golosi


Al bar sono attratta dal titolo di un articolo sul quotidiano “La nazione” (24 novembre, pp. 4 e 5). La notizia riguarda la proposta di Rotondi (un’opinione”, come dice lui) sull’abolizione della pausa pranzo e recita: “Rotondi turba i golosi”. GOLOSI???????? Mangiare a pranzo sarebbe un vezzo, una bizzarria, un vizio; da golosi, appunto. Lo si suggerisce senza affermarlo; è solo un titolo, naturalmente; poi, nell’articolo, si riportano anche le opinioni dei sindacati. Ma il titolo, in grassetto e a grandi caratteri, lo leggono tutti.
Sottotitolo: “Il ministro propone anche di chiudere la buvette a Montecitorio”. Che democrazia, la nostra! Il sacrificio richiesto agli operai viene addirittura esteso anche ai parlamentari! “Altrimenti ingrassano troppo” si dice poche righe dopo, non certo riferendosi agli operai. A metà pagina, invece, in un riquadro relativo allo spazio in rete del quotidiano medesimo, è scritto: “In pausa. Il ministro Rotondi dice di averla abolita da vent’anni. E tu, fai la pausa pranzo? Entra nel forum, scrivi il tuo post, clicca su…” Interessante anche il commento a lato che comincia con una citazione di Mao ( “La rivoluzione non è un pranzo di gala”) del tutto slegata dal contesto (ma tale da suggerire molte considerazioni implicite sulle pretese da parte degli operai di comodità borghesi, quali le pause pranzo per dare sfogo alla propria golosità…) e prosegue con la considerazione critica, rispetto alla proposta di Rotondi, che quel che forse si guadagnerebbe con l’abolizione della pausa in termini di produttività si perderebbe relativamente alla ristorazione collettiva. Tale ristorazione, infatti (e cito) : “(…) vale un giro d’affari di 6 miliardi di fatturato, vede protagoniste 1200 imprese e dà lavoro a oltre 70000 dipendenti”. Che il lavoro, soprattutto in fabbrica, sia gravoso e tanto più insostenibile senza una pausa (indipendentemente dall’impiegarla per mangiare) e che gli operai siano anche esseri umani è un piccolo insignificante particolare che sembra non venire in mente più a nessuno.

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