domenica 24 ottobre 2010

Miseria culturale e macabri gitanti

“Quando l’unico imperativo di una società è quello che la chiama a godere, ciò di cui si finisce inevitabilmente per godere è la crudeltà.” È una frase del filosofo Alain Badiou, citata giorni fa da Antonio Scurati in un suo intervento a Parla con me. La prima associazione che viene di fare è probabilmente quella con l’antica Roma e gli spettacoli di fiere e gladiatori, e poi la guerra, dove tutto è concesso, e dunque sembra lo sbocco ideale, fisiologico di una società avviata a godere della crudeltà. Ma nell’impero romano i valori erano ben diversi da quelli di oggi e la guerra di conquista era il motore primo che muoveva l’economia, la politica, su di essa Roma aveva fondato la propria esistenza: dopo aver conquistato tutto il conquistabile iniziò il suo declino. Tuttavia la crudeltà fine a se stessa non giova neanche a una conduzione razionale della guerra, perché non è producente fare azioni che non convengono all’economia bellica, soprattutto nella fase in cui si devono gestire i popoli assoggettati. E difatti (secondo un’antica tradizione storiografica) la decadenza di Roma fu causata anche dalla corruzione dei costumi.
Venendo al nostro tempo, alla morbosa attenzione che circonda certi episodi di cronaca nera e in questi giorni i fatti di Avetrana, penso che non poche responsabilità siano da attribuire a persistenti politiche volte all’impoverimento culturale del paese. Le gite macabre nel luogo del delitto avvengono come se si andasse a visitare il sito dove fu bruciata Giovanna D’Arco o lasciata morire d’inedia Pia de’ Tolomei o decapitata Beatrice Cenci. È mai possibile che si confonda così facilmente, in un modo becero e insieme disarmante e inquietante la storia con l’attualità. I genitori che mostrano ai figli piccoli la scena del delitto, riportano alle mente le pubbliche esecuzioni di epoche pre-illuministiche o quelle delle mafie. Sarà forse colpa dell’appiattimento sensazionalistico di certa TV, che ha (mal)educato gli spettatori a seguire eventi storici non per conoscere il passato (come si vorrebbe dare a intendere) ma per un banale appagamento di inclinazioni pruriginose o – molto peggio – di pulsioni di crudeltà.
Forse si è manifestato qualcosa già latente da tempo, forse si può ipotizzare la seguente equazione: i gitanti del macabro stanno all’imbarbarimento del costume degli italiani come le torri gemelle stanno al mutamento degli equilibri internazionali. Sta di fatto che il sindaco di Avetrana ha dovuto proibire con un’ordinanza il pellegrinaggio presso le abitazioni dei parenti della vittima, e non ricordo che ci siano precedenti del genere a seguito di simili episodi di cronaca nera di ambito familiare.
Per par condicio si potrebbe chiedere al Presidente della Repubblica di promulgare un’ordinanza simbolica che abolisca tutte le trasmissioni che speculano su questi disgraziati casi, facendo sentire il morboso spettatore dalla parte del bene perché a commettere azioni empie che tanto seducono la sua attenzione, sono sempre gli altri, veri o presunti colpevoli poco importa. È vero che molte persone tendono ormai a confondere la realtà con la finzione, poiché in televisione da alcuni anni il reality è fiction e la fiction è reality; come è vero che simili spettacoli consentono a milioni di spettatori nascosti nelle proprie confortevoli abitazioni, di fare quello che centinaia o migliaia di gitanti hanno fatto e (verosimilmente) continueranno a fare sotto gli occhi di tutti.

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