martedì 19 ottobre 2010

un mattone da sogno

So che molti non saranno d’accordo ma preferisco non tacere: Inception, checché ne abbia detto la critica, su di me che non sono un fan del genere videogame tecnologico e che dunque non so apprezzare il prodigio di simili artifici visivi, ha avuto l’effetto di una mattonata. La continua intrusione nei sogni altrui per dirottarli a tutto vantaggio di operazioni di spionaggio industriale, mi ha dirottato verso Shutter Island (sempre con Di Caprio) e Avatar (che ho trovato più ‘umano’ e coinvolgente) e poi Matrix (certamente di un altro spessore) che forse è la madre di questo recente filone cinematografico che mette in dubbio la realtà e le sue certezze. Sembra quasi che a fronte dei cambiamenti, della caduta dei valori, dell’ipocrisia destabilizzante, l’inquietudine sia tale che si cerchi rifugio nel sogno: niente paura se va tutto alla deriva, la vera realtà è ben riposta nei nostri sogni.

Probabilmente anche il successo delle saghe filo-vampiresche deriva dalla medesima radice: un bisogno di evasione da una realtà che non corrisponde alle aspettative, che appare minacciosa, che non si riesce a decifrare. Sembra però trattarsi di un’evasione fine a se stessa, un rifugio individualistico, infecondo che anestetizza temporaneamente e poco spazio accorda alla riflessione e alla conoscenza.

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