domenica 14 dicembre 2008

Tetti di metropoli



Anche sopra tetti di metropoli
può scorgerti un abbraccio di natura
e sei figlio libero del cosmo
senza steccati di stupidità.

Il cielo sotto nuvole stanotte
quando vi lascerò spuma addensata
che copri e scopri luce scimitarra
- miracolo usuale - scorri e tocchi
puntacchi luciformi densi fiochi.

Dolce rimpianto non aver compreso
asfittico nel mio soffio di tempo
o forse il mio percorso s’è disteso
più intenso e penetrante
nel percepire il mondo, il suo segreto.

Non sfugge questa nuvola distante
m’immergo vecchia amica di bambino
forse ho sfiorato tetti di sapere
stanotte risciacquandomi ignorante.

Enrico Meloni (novembre 2008)

2 commenti:

luca mori ha detto...

In effetti, in casi come questi, il pensiero sembra del tutto sopraffatto: la luna intravista tra le nuvole, l'esperienza estetica e poetica della natura da parte della mente... Sembra di "sentire", "toccare" qualcosa (una pienezza, un vuoto?) a cui il discorso non arriva... Eppure, mi chiedo, se non ci fosse il discorso, se il pensiero non fosse articolabile in parole, potremmo provare ciò che proviamo, quando "sentiamo" quello che va ben oltre i limiti (a-peiron) della parola e dell'empiria?
Per Schopenhauer, è l'enigma del "nodo cosmico" che noi siamo

enrico meloni ha detto...

Uno degli obiettivi della poesia in senso lato dovrebbe essere proprio quello di esprimere l'inesprimibile, attraverso l'accostamento a volte irrazionale di parole e tramite le sonorità che evocano qualcosa che è al di là (o al di qua) della comunicazione logica. Secondo la mia opinione, quasi certamente il "discorso" cambia il modo di percepire i fenomeni della realtà. Non è detto che lo cambi sempre in meglio, e credo che alcune pratiche, come la meditazione zen che dovrebbe condurci verso il vuoto mentale, tendano ad una condizione "pre-discorsiva" per consentirci di raggiungere un livello di percezione/comprensione non raggiungibile altrimenti.