domenica 5 luglio 2009

Il mondo vecchio

Il nuovo mondo di Antonella mi ha richiamato alla memoria il mondo vecchio che G.G. Belli illustra in un sonetto del 1832, un’epoca in cui l’assolutismo non era tramontato ovunque, e tantomeno nello Stato Pontificio (in fondo ancora oggi Città del Vaticano…). Questi versi esprimono con naturalezza, efficacia, sintesi, comicità l’essenza dell’ancien régime e dell'arroganza del potere. Da leggere a scuola anche per segnalare l’origine dell’unico verso (un po' volgare...) che molti alunni già conoscono avendo visto “Il marchese del Grillo” con Alberto Sordi.
Altre considerazioni sull’attualità del sonetto le lascio ai lettori.




Li soprani der Monno vecchio

C’era una vorta un Re cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st’editto:
«Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo,
sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.

Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
pòzzo vénneve a ttutti a un tant’er mazzo:
Io, si vve fo impiccà nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba Io ve l’affitto.

Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd’Imperatore,
quello nun pò avé mmai vosce in capitolo».

Co st’editto annò er Boja pe ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore;
e arisposeno tutti: «È vvero, è vvero».



I sovrani del mondo vecchio

C’era una volta un Re che dal suo palazzo
rese noto ai suoi sudditi questo editto:
“Io sono io e voi non siete un cazzo,
bruttissima canaglia, e silenzio.

Io rendo dritto lo storto e storto il dritto:
vi posso vendere tutti a un tanto al mazzo:
Io, se vi faccio impiccare, non commetto un abuso,
perché la vita e la roba Io ve la concedo temporaneamente.

Chi vive in questo mondo senza il titolo
o di Papa o di Re o di Imperatore,
costui non può mai avere voce in capitolo”.

Con questo editto il Boia partì come messaggero,
interrogando tutti i sudditi nel merito:
e tutti risposero approvando senza esitazione.

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