mercoledì 9 aprile 2008

Into the Wild

Avevo corso il rischio di non vederlo mai, per colpa di uno stupido preconcetto. Mi ero convinto - a torto, ora lo so - che la pellicola si limitasse all’esaltazione, ingenua e intrisa di ideologia, del ritorno dell’uomo alla natura incontaminata. Anche per colpa dei trailers, forse troppo centrati sulle immagini degli orizzonti a perdita d’occhio, di cui il film è pervaso.

Enrico ne aveva parlato con entusiasmo, in uno dei suoi post, ma io non mi sono lasciato convincere. Così come sono riuscito a opporre, per un po’ di tempo, una strenua resistenza anche ai tentativi della mia compagna, che ha provato di tutto pur di farmi cambiare idea.
Alla fine, ho dovuto cedere. Riluttante e recalcitrante, sono entrato in sala pronto a vendicarmi. Pregustando il piacere di una feroce stroncatura di regia, sceneggiatura, attori, dialoghi e colonna sonora.
Del film di Sean Penn.

Mi sono sbagliato.
Maledetto Sean. E’ riuscito a catturarmi. In pieno. Grazie all’intensità della storia e insieme alla delicatezza con la quale viene trattata, all’efficacia della sua forza narrativa e alla potenza visiva.
Certo, il mito della conquista degli spazi sterminati e della necessaria solitudine dell’esploratore è parte integrante dello spirito nordamericano, ma nel film resta assente ogni facile retorica, tipica di soggetti analoghi, e nella parte finale l’esperienza si ricompone, per assumere un significato nuovo per il protagonista. E per lo spettatore.

E’ possibile, lo ammetto, che io mi sia in parte identificato, a causa della mia storia passata, nel ragazzo che abbandona le sicurezze dei ritmi e degli oggetti quotidiani, forse come pretesto per allontanarsi da una famiglia che lo ha deluso profondamente. Eppure il ragazzo non è uno sprovveduto, né un’ingenuo. Ha in tasca una laurea e una sicura carriera ad Harvard. La sua meta, l’Alaska, sembra, anch’essa, non un traguardo, ma un consapevole pretesto: necessario per trovare la risposta definitiva al senso del suo lunghissimo viaggiare.

Sappiamo, noi adulti, che non esistono risposte definitive (anche se continuiamo, imperterriti, a cercarle). Questo, però, è un film che nutre la mente e arricchisce il pensiero.
Ti tengo d’occhio, Sean. Non credere di sfuggirmi, la prossima volta.

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