martedì 8 dicembre 2009

Una nuova speranza


Tentare di prevedere il futuro del neonato movimento viola rappresenta una scommessa ad alto rischio. La mancanza, almeno sino ad ora, di un’identità stabile e di un programma di azioni definito rende questo nuovo soggetto un magma incandescente, dai contorni fluidi e irregolari: un magma che nessuno potrà comprendere limitandosi a utilizzare i vecchi parametri di analisi, quelli che da sempre definiscono le formazioni politiche tradizionali.
Se un social network è stato lo strumento tramite il quale confuse istanze di malessere e di protesta dei singoli si sono coagulate in un unico canale, l’impulso al movimento, in ogni caso, è stato fornito dalle persone stesse che hanno deciso di aderirvi. Un insieme di persone reali, dunque, non un semplice elenco di nomi su facebook.
Di certo, si avverte qualcosa nell’aria. Un profumo inatteso. Il profumo di un fermento inconsueto, di un senso di possibile liberazione, di una nuova speranza. “Speranza, unico bene de gli afflitti mortali” è il canto di Orfeo nell’opera omonima di Claudio Monteverdi. Ed è vero. Abbiamo, tutti, un estremo bisogno di speranza. Senza speranza non ci resta che lasciarci vincere dall’indifferenza e dal cinismo, diventare peggiori, crudeli, spietati. Non ci resta che morire, ancora in vita.
Sta crescendo a vista d’occhio il numero di tutti coloro che avvertono l’urgenza di simboli di speranza vivi, concreti, saldi, potenti. E la gigantesca mobilitazione del 5 dicembre - che sia stata davvero gigantesca lo dicono le immagini, che chiunque può reperire - sembra emergere dal nulla che l’ha preceduta come un riferimento simbolico cruciale, da non sottovalutare.
Questo straordinario evento, per chiunque vi abbia partecipato, fisicamente o emotivamente, costituisce la prova che la partecipazione brucia ancora sotto la cenere dell’informazione di stato. La prova che il nostro Paese non è immobile, come avevamo temuto. La prova che, unendo le forze e superando le divisioni, è possibile riconquistare la fiducia nella nostra stessa capacità di cambiare - e di far cambiare.

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