giovedì 6 novembre 2008

la routine invisibile di un parlamento

Ascoltando la radio in auto e cambiando a caso le frequenze, può capitare che uno si intrattenga su trasmissioni che normalmente non andrebbe a cercare.
Oggi, attorno alle 18, Radio Radicale trasmetteva i lavori parlamentari sulla conversione di un decreto relativo alla giustizia, che comprende tra l'altro le disposizioni sui beni confiscati alla malavita. Più di una volta le parti si sono rinfacciate il fatto di votare anche per gli assenti.
Il tono di rimproveri, rivendicazioni e ripicche non era molto diverso da quello di certi bambini in vena di capricci. E in ogni caso, implicitamente e qualche volta anche esplicitamente, si dava per scontato che questa pratica scorretta e illegale è esistita ed esiste, che tanto lo fanno tutti, che "voi l'avete fatto l'altra volta", che "è meglio tornare a discutere delle questioni così importanti che stiamo discutendo", anziché fermarsi su questi dettagli relativi alla forma...
In realtà non c'era neanche discussione: tutta la cornice e la prassi consolidata sembra costruita per impedire un ascolto reale tra le parti. Quante volte, invisibilmente, succede questo? Non sarebbe necessario iniziare a interrogarsi sulle forme di governo e trovare un nome che ci consenta di distinguere quello che accade dalla definizione che daremmo di "democrazia"?

2 commenti:

maria antonella galanti ha detto...

Nel nostro piccolo parlamentare quotidiano, nei rapporti del microcosmo di ciascuno, succede sempre più spesso la stessa cosa che tu ci racconti; la capacità di ascoltare è oggi ritenuta un vizio, non più una virtù; un segno di debolezza, di insicurezza, di flaccidità d'animo. Bisogna esprimere sempre un'opinione prima ancora di pensare; bisogna controbattere prima di capire cosa l'altro sostiene. Le figure, odiose, degli "opinionisti", proposte come modelli comunicativi, ci spingono a questo.
Quanta riposante generosità nelle pause di silenzio pensoso all'interno dei dialoghi! E quanta, ancora, nei puntolini di sospensione o nei "forse" dello scrivere!

carlo santulli ha detto...

Luca coglie un problema di fondo, però: che in questo mondo in cui a tutti noi si chiede di essere esperti, sempre più esperti, nel nostro lavoro, ai parlamentari questo non è richiesto: non sono esperti, però devono avere un'opinione. Su tante questioni che non capisco, confesso di non avere un'opinione precisa: e per capirle dovrei studiarci, pensarci, ecc. E magari non ne ho il tempo o la voglia, perché uno non riesce ad occuparsi di tutto.
Ma il politico, come acutamente osserva Antonella, non può tacere.
Ecco, ed appunto credo sia venuto il momento di rovesciare il discorso, e di capire il perché di questo "opinionismo coatto", che ha contagiato buona parte della popolazione, mi sembra.