venerdì 7 novembre 2008

Nel cuore del mondo



Percorrendo verso il centro vie della periferia romana, la mia attenzione è stata catturata da nuovi santuari del mercato, che sono sbocciati negli ultimi tempi, in luoghi dove fino a poco fa c’era un ampio slargo, un prato, il nulla. Ho pensato che dalle piazze, dalle sacrestie e dagli oratori, dalle sezioni di partito, dalle case del popolo, dalle osterie, dai bar, la partecipazione, i “piccoli-grandi-fuochi” della società sono migrati verso outlet, megastore e centri commerciali, dove si consuma quotidianamente il rituale degli acquisti, che in alcune circostanze (feste, promozioni, saldi…) potrebbe ricordare l’immensa folla che si ammassa alla Mecca in occasione dei pellegrinaggi annuali: resse oceaniche che periodicamente causano la morte di decine o centinaia di persone per schiacciamento o soffocamento.
La similitudine non è poi un’iperbole troppo azzardata se si pensa a quanto è accaduto pochi giorni fa a Roma in occasione dell’apertura di un nuovo centro Trony. I prezzi stracciati hanno fatto radunare una folla di migliaia di persone fin dalle prime ore del mattino: ressa, spintoni, botte, vetrate infrante, feriti, ambulanze, persone colte da malore per raggiungere prima degli altri il cimelio tecnologico, la “pietra nera” occidentale, quasi a costo zero.

Non è raro che di fronte alle anomalie del nostro tempo, ma anche per vicissitudini interiori, possa capitare che ti senti un frammento dissonate e isolato. Ti attraversa un’onda di sconforto che ti sospinge nella periferia più desolata dell’universo e dell’ anima. Quando poi cerchi di riprendere contatto con l’esterno magari leggendo notizie, guardando un Tg o semplicemente lasciando scorrere i pensieri, allora può succedere che si accenda una riflessione, una paura, un dubbio, una suggestione che vuoi condividere. E sulla tastiera del pc, quando le idee acquistano una forma, grazie a qualcuno che ti leggerà, hai almeno l’illusione di essere nel cuore del mondo.

3 commenti:

maria antonella galanti ha detto...

L’ho letto due volte; come se le avessi scritte io mi sono specchiata nelle parole della seconda parte, in quel senso di sconforto che all’improvviso ti fa sentire così distante da quelle stesse persone per le quali, in altri momenti, puoi provare tenerezza e indulgenza, curiosità e attesa. In altri anni, da ragazzina, mi poteva capitare qualcosa di simile a carnevale o a capodanno, quando proprio in mezzo a moltitudini festanti e oppressa dall’estraneità degli schiamazzi, quasi avvolta di gelo, mi sentivo addosso tutta la desolazione del mondo. Mentre Traviata muore e dice addio al suo sogno, il carnevale di Parigi impazza sotto le sue finestre.

enrico meloni ha detto...

Effettivamente scrivendo la seconda parte sono stato in qualche modo influenzato da un tuo commento precedente, ho captato delle onde... Non ero arrivato a pensare alla Traviata, ma tutto sommato il riferimento, sebbene un po' estremo, non stona affatto.

luca mori ha detto...

L'architettura della città e del paesaggio, secondo me, si trasformano segnalando l'incipiente o avvenuta trasformazione dell'architettura delle relazioni tra gli uomini: il caso del Megastore da questo punto di vista è emblematico.
In tante scuole elementari, discutendo coi bambini, mi ha colpito come loro, in grande maggioranza, avessero soltanto "per sentito dire" l'idea di cosa significhi giocare all'aperto in un prato, dandosi regole da soli, trovandosi da soli, senza arbitri, senza linee tracciate a contorno del campo da gioco...
Io ricordo quelle esperienze, che erano quotidiane e scontate, con uno sentimento strano, di malinconia e di soddisfazione per averle fatte